Senza lo spagnolo ci sarebbe il reggaeton? Verrebbe spontaneo rispondere di no, ma certamente ci troviamo di fronte ad un successo globale che non è dovuto scendere a patti con l’inglese.
L’importanza della lingua spagnola in questo genere è ancora più sorprendente se si tiene conto del fatto che Porto Rico, l’isola caraibica nella quale si è evoluto, è un territorio non incorporato degli Stati Uniti d’America, la nazione al quale la Spagna ha ceduto la sovranità dopo la guerra del 1898.
A seguito di un referendum popolare (definito “non vincolante”) del 2012, con il 61,15% delle preferenze favorevoli, gli abitanti del luogo hanno scelto di divenire uno Stato federato degli Stati Uniti; a seguito di questo risultato (confermato successivamente da un’ulteriore consultazione elettorale tenutasi nel 2017) è stata così depositata presso il Congresso degli Stati Uniti una richiesta ufficiale di avvio dell’iter legislativo che potrebbe trasformare l’isola in uno stato dell’Unione entro il 2025, a tutt’oggi non ancora approvata.
Com’è possibile che da Porto Rico il genere musicale più ascoltato al mondo sia stato sviluppato utilizzando lo spagnolo come lingua ufficiale? Ma la cosa più incredibile è che il reggaeton non ha dovuto flirtare con l’inglese per avere successo.
Lo spagnolo è la lingua ufficiale del reggaeton
Nonostante sia sotto l’influenza degli Stati Uniti da quasi 125 anni, lo spagnolo rimane la lingua principale di Porto Rico e un segno distintivo dell’identità, mentre l’americano non è mai riuscito a prevalere.
Il grande esempio è il portoricano Bad Bunny, che senza bisogno di cantare in inglese è “a livello planetario l’artista più ascoltato per il secondo anno consecutivo” sulla piattaforma Spotify.
A supportare tutto questo c’è il suo ultimo album Un Verano Sin Ti che ha battuto i record di Spotify lo scorso maggio.
“Ora tutti vogliono essere latini”
Per sottolineare quell’orgoglio portoricano, Bad Bunny ha messo in evidenza nella sua canzone “El Apagón” le virtù del clima dell’isola, “la capitale del perreo”, e assicura che per questo “ora tutti vogliono essere latini”, una frase che ha sottoscritto anche il produttore musicale boricua Mr. NaisGai.
“Il nostro lavoro come latinoamericani è rimanere vicini alle nostre radici, e ancora di più se lavori con qualcuno degli Stati Uniti, del Regno Unito o dell’Africa”. Queste le sue parole.
Quindi, senza lo spagnolo, non ci sarebbe il reggaeton?
“Esatto”, ha risposto Javier “Cholongo” Gómez, uno dei promotori del genere urbano dei primi anni ’90, ed ex rappresentante di Héctor “El Father”, una delle leggende del suddetto ritmo.
“Il reggaeton è nato organicamente dal grido di giovani emarginati che hanno trovato in esso un modo di esprimersi”, questo è uno dei motivi per cui è in spagnolo.
Tra i fondatori di questo genere annoveriamo DJ Negro, DJ Playero e DJ Nelson. Quest’ultimo, ad esempio, è responsabile dell’inclusione della parola reggaeton in un disco, quando nel 1995 ha intitolato un album “Reggaeton Vol. 1″.
“Il reggaeton e lo spagnolo sono l’alchimia perfetta”, ha detto Nelson Díaz, il nome di battesimo di DJ Nelson, che recentemente ci ha fatto conoscere personaggi come Jay Wheeler (nella foto qui in alto).
DJ Negro è stato il resident del mitico nightclub “The Noise” a El Viejo San Juan, club dove si sono esibiti artisti urbani emergenti come Vico C, Baby Rasta & Gringo, Baby Ranks, ma anche un adolescente di nome Daddy Yankee, divenuto poi noto come il “King of Reggaeton”.
Nel frattempo, DJ Playero ha prodotto, insieme al collega produttore e rapper Nico Canada, l’album “Boricua Guerrero” alla fine degli anni ’90, che ha rotto gli schemi musicali unendo per la prima volta alcuni dei principali artisti reggaeton con rapper americani dell’epoca.
Origini del reggaeton
Il reggaeton si è sviluppato a Porto Rico mescolando i ritmi giamaicani della dancehall e del reggae con hip-hop, house, salsa, merengue, bachata e i generi indigeni chiamati bomba e plena.
Mix di generi e collaborazioni
Il produttore musicale colombiano Ovy On The Drums, che ha lavorato a canzoni di Paulo Londra, Bad Bunny, Anuel AA, Karol G e Becky G, ha affermato che il successo del reggaeton è quello di essere un genere che può essere facilmente combinato con altri.
“Il reggaeton è uno di quei generi nato per restare. È stato in grado di combinarsi con quasi tutti gli stili esistenti ed è per questo che si è posizionato come uno dei più popolari al mondo”, ha commentato Ovy.
Un altro motivo è che, secondo il noto compositore Wise “The Gold Pen”, il reggaeton “è stato uno dei generi in cui c’è stata più unità tra gli artisti e questo ha aiutato molto”.
“Il pubblico ispanico è molto numeroso e i latinoamericani a cui piace ballare si sono avvicinata a questa comunità, si sono supportati a vicenda anno dopo anno”, ha spiegato.
Il vero reggaeton ha resistito all’assalto dell’inglese
Per questo motivo i reguetoneri non hanno dovuto soccombere al “crossover” (passaggio dallo spagnolo all’inglese), come hanno fatto in passato Ricky Martin, Marc Anthony o Shakira, che hanno registrato album anglofoni per raggiungere altri mercati.
Per Álvaro Díaz, un membro della nuova generazione del ritmo urbano, il suo obiettivo è sempre stato “fare qualcosa di ‘cool’ in spagnolo”, sebbene sia un fedele seguace della musica anglosassone di artisti come Michael Jackson e Kanye West.
Uno dei pochi che ha deciso di fare il salto è Jay Wheeler, che sta preparando un album tutto in inglese che è “quasi finito”.
L’interprete della hit Curiosidad ha però assicurato con forza che questo “crossover” non lo ha ritenuto necessario: “Lo faccio perché lo amo ed è un gusto personale, ma il latino è ovunque, in tutto il mondo”.
Inoltre è doveroso aggiungere che star del calibro di Maluma, J Balvin e Nicky Jam non hanno nessun problema a parlare in inglese, ma hanno sempre preferito interpretare i loro brani in spagnolo perchè anche loro lo sentono più aderente a quello che esprimono.
Lo spagnolo e il reggaeton.
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